Un tempo nel grande sud, vicino al Polo Elementale del Fuoco, viveva il grande Cobra d'Opale, grande elementale della terra che regnava sopra e sotto il deserto. Le popolazioni nomadi lo veneravano, in cambio di acqua e protezione, offrendogli le più belle ragazze di ogni tribù, con cui egli figliava creando dei semidei mezzi uomini e mezzi serpenti, che vivevano in pace con le tribù difendendole dai pericoli dell'insidioso deserto, e dall'oscuro Wyld.
Nacqui da una di quelle femmine, grande e forte come le rocce più scure, in un periodo di caos e mutamento, quando le Stirpi del Drago giunsero dall'Isola Benedetta per distruggere gli dei e instaurare il culto dei cinque Draghi.
Non fummo pronti alla loro disciplina, e al loro numero, così cademmo a centinaia, umani e semidei indistintamente. Venni preso e torturato da un generale della terra, che si godde le mie sevizie senza fine, costringendomi a mangiare la gente del mio villaggio per saziare la mia fame senza fine.
Poi giunse un uomo, anziano e severo, che calmo giunse di fronte a me, e poggiandomi una mano sul muso, infuse in me una prigione per la mente, potevo vedere ma non guardare, potevo perrcepire ma non sentire, e le mie movenze erano artificiali, controllate da una volontà più grande della mia.
-Vai e uccidi i tuoi fratelli, senza pietà- disse la voce dell'uomo nella mia mente, e come fidato cane io obbedìì, versando lacrime di sabbia.
Caddero in molti, forse non tutti, ma di sicuro la totalità di quelli che conoscevo. Il sistema era semplice, loro mi accoglievano per ciò che ero, e io li uccidevo appena se ne presentava l'occasione.
Quando non ce ne furono più, e il culto del Cobra d'Opale era sostenuto solo da poche centinaia di ribelli, il vecchio se ne andò e venni dimenticato in carcere, a morire come pietra sotto l'acqua.
Il generale della terra morì, e io diventai proprietà di suo figlio, che si dilettò in giochi ancora più crudeli del padre, incidendo le gemme che componevano le mie scaglie con scalpelli di giada.
Una cosa bramava il mio cuore, l'unica che mi aveva sempre tenuto in vita, e che ora era più forte che mai: vendetta, accompagnata dal massacro indiscriminato di tutti quei miseri umani che avevano soggiogato il deserto.
feci appello al mio ormai debole padre, e al suo sangue, e sentii la sua potente risposta. Crebbi, gonfiando a dismisura i miei muscoli di pietra, il mio muso di allungò e i miei occhi normalmente gialli mutarono in pozze di buio rosso, folle e smisurato. Strappai le catene che mi imprigionavano, e afferrai il misero umano ai miei piedi, infilando le mie mani artigliate nel suo sterno, aprendo crudeli piaghe nelle sue costole, ma senza toccare gli organi vitali. Lo bloccai a terra con la coda, spezzai tutti gli arti con uno schiocco sordo, e lentamente mi feci strada con il muso nelle sue viscere, mescolando gli odori con la lingua prima di tuffarmi in quel sontuoso banchetto umido e caldo. Vidi la sua energia bianca spegnersi lentamente, e sapevo che se avesse potuto emettere fiato avrebbe pregato me di finire presto il lavoro.
Uscii dalla cella, senza che nessuno potesse fermarmi, raccolsi il grande martello di quella famiglia, con la testa somigliante a un drago, e andai verso l'estremo sud, dove i miei adoratori attendevano un leader che li avrebbe portati verso la guerra.
Siamo tutti orfani in fuga da una 'prigione'.
RispondiElimina-He'rak "Araldo del Vuoto"-