giovedì 7 ottobre 2010
Alfa e Omega. Cenere.
Era un bel bambino i primi mesi, occhi celesti, guanciotte paffute, pelle chiara e liscia, nessun difetto se non queli che hanno i bambini. I suoi genitori l'amavano così tanto da tenerlo sempre in braccio per stringerlo, e non lasciarlo mai solo. Parlava poco, anzi mai come bambino, era sempre molto silenzioso, non urlava, non piangeva, non si lamentava, e i genitori erano così felici di quel bambino già così buono, che l'amavano ancora di più.
Furono i tre anni, ma il bambino ancora non parlava, non emetteva verso alcuno, anche se sembrava volersi esprimere, così i genitori lo portarono dall'otorinolaringoiatra, che effettuati esami diagnosticò una malformazione alle corde vocali, che rendevano impossibile l'uso di una qualsiasi vocalità se non gemiti rochi e urla sconnesse. Il bambino era sano, in forze, ma non avrebbe mai potuto esprimersi con le parole.
Furono anni crudeli quelli dell'infanzia, come crudeli possono essere i bambini che spesso schernivano Omega, così ormai chiamato da se stesso, per quel difetto.
Furono anni di solitudine quelli dell'adolescenza, ormai impossibilitato ad avere normali contatti umani, iniziò a parlar con sè atteaverso il silenzio riempito di libri e letture, parole chiare e definite. Cominciò a imparare il linguaggio dei segni, e cominciò di nuovo a vivere nel mondo.
A 17 anni, Omega era un ragazzo quasi normale, e con il suo minuto gruppetto di amici organizzò una per lui grande festa di compleanno ove ognuno avrebbe portato tutti i suoi conoscenti.
Aveva fatto tutto in una vecchia casa presa in affitto per una miseria, e tutto sembrava perfetto. La musica, i festoni, gli alcolici, il cibo, la compagnia. Conobbe tanta gente quella sera, ognuna tanto gentile, sebbene con un sottile sguardo di compassione nei suoi confronti.
Ormai a fine serata, notò su una poltrona di raso rosso una ragazza bellissima che pareva non divertirsi, anzi stava dormendo sebbene in maniera piuttosto composta. Con la mente alterata da un bicchiere di troppo, egli si avvicinò e decise di svegliarla con un bacio, dolce, e carezzandola sul viso. Insolitamente lei rispose subito all'effusione, come se non stesse dormendo, e le labbra si incrociarono in ciò che Omega avrebbe ricordato come il momento più bello della sua vita. Si spostarono dalla festa nella veranda ancor tiepida dalla giornata di sole, e come sol stupendi inesperti dell'amore possono, intrecciarono i loro corpi in un amplesso immaturo.
Si accorse Omega che Alfa, così avrebbe chiamato la prima sua donna, serrava ancora gli occhi, restia a mostrarli. Omega passò le dita sulle palpebre, ed ella acconsentì al suo desiderio di vederli. Erano bianchi, completamente, con poco più di un alone a disegnare l'iride anch'essa cerulea.
E rimase così, in prematura contemplazione del suo più grande orrore, impossibilitato a descrivere il mondo che conosceva alla sua amata, così trasfigurato da non poterne più sentir la voce.
Come se si fosse trasformato in cenere.
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Non ho capito: perché se lei è cieca non può parlare?
RispondiEliminaEra una metafora un po' complessa. Lui sente di non poter comunicare più in alcun modo con lei, quindi non la "sente" più.
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