venerdì 22 ottobre 2010
Split my skin, fuck my wounds
Desecrate the Inner Sanctum in which I hide
Drag me through the mud, blind my whitening eyes
That I may see darkness in the tunnels ov light
Pain I cannot deny
As I rot in this empty shell
Swamped in disaffection
Introducing to my newborn hell
Be it not so!
Thou shall see me not in agony
Failure was and is no option
'Tis my undying self
The ever wandering son ov the morn
Abandoned, yet never to be conquered
I never mourn, I never look back as long as Thy phosphoric rays
Grant me more pleasure than pain
I, who is evil can receive no good
Though I still crave, I'm yearning for
Thy healing touch ov grace...
Pain is timeless
When I question the laws ov god
Drowned in everlasting confusion
Caress my hate against the mob
Be it not so!
Thou shall see me not in agony
Failure was and is no option
'Tis my undying self
The ever wandering son ov the morn
Abandoned, yet never to be conquered
The opponent!
My life's work is complete...
Vi son giorni del genere, tanto spesso in fondo. Come se un abile chirurgo avesse sfilato le mie vene dal loro posto con minuziosa precisione e le stesse usando per dirigermi come una marionetta. Ma non pare far così male. Forse è l'Ego quel che si ribella ancora, quel poco che resta di quella magnificente statua imperiosa, ridotta ora a misere macerie bagnate dal fango.
Come qui scrivo, mi sembra di essere il Narratore della mia storia, e non il protagonista, insomma un veicolo, un tramite verso la conclusione stessa. Capisco quel che i morti de "La Maledizione della Prima Luna" dicevano: il cibo non ha sapore, in vino è pari alla cenere, e le donne niente più che bambole belle da osservare.
Stato interessante sembra la non morte, uno stato di passaggio verso il nulla, nè il piacere della vita, ne la pace della morte, solo tanta tanta amarezza nel più splendido dei sorrisi.
L'uomo in bicicletta
Drin! Drin! Il campanello della bicicletta suonava ripetutamente, riempiendo l'aere di un piacevole squillo che ricordava i bei secoli andati, la rivoluzione industriale, la Londra del 1700.
Presa la velocità giusta, la marcia dura nemmeno si sentiva più, e l'aria temperata del mattino di una calda stagione rinvigoriva la pelle ancora stanca dalla notte.
Era una bicicletta un po' vecchia, di un color verde scuro, e sulla carena portava la scritta bianca ancora intatta Bianchi. Aveva un lucido campanello color argento. e un arcuato manubrio della stessa tinta con due pomelli di plastica panna ove poggiar le mani. Nel retro, un portapacchi a molla. La dinamo era rotta portroppo, ma era parte della bicicletta, quindi non si era mai voluto smontarla.
Si sfrecciava veloci tra la folla, quasi altolocati dal possesso di tal sublime mezzo, sorridendo ai miseri passanti appiedati e alle vetture imbottigliate nel traffico.
Sembrava il viaggio perfetto, fino a che non si pose nel tragitto un cantiere, costringendo a pedalare a rilento con inserita la marcia dura. Come se non bastasse il passagio tra le reti di protezione era stretto, e più volte si ferì per passare. Un ferro sporgente infilzò lievemente il costato, e qualche goccia di sangue sporcò la camicia.
Superato l'ostacolo riprese il viaggio, un po' provato, percependo che sebbene la strada fosse ancora poca sarebbe stata la peggiore. Ormai le gambe non reggevano più, e gli ultimo miglio dovette farlo a piedi portando la bicicletta a mano.
Giunse alla sua destinazione, un magnifico cimitero monumentale di fattura gotica, passò il cancello di ferro battuto e camminò fra le lapidi, finchè non vide il proprio nome su una stele di marmo bianco. Si sedette sull'erba, tirò un respiro di sollievo, e si accasciò sorridente sul morbido letto verde, addormentandosi in un sonno eterno.
La tomba recava la scritta "E' tornato il pescatore dal mare, il cacciatore dalle colline" E.Hemingway
Presa la velocità giusta, la marcia dura nemmeno si sentiva più, e l'aria temperata del mattino di una calda stagione rinvigoriva la pelle ancora stanca dalla notte.
Era una bicicletta un po' vecchia, di un color verde scuro, e sulla carena portava la scritta bianca ancora intatta Bianchi. Aveva un lucido campanello color argento. e un arcuato manubrio della stessa tinta con due pomelli di plastica panna ove poggiar le mani. Nel retro, un portapacchi a molla. La dinamo era rotta portroppo, ma era parte della bicicletta, quindi non si era mai voluto smontarla.
Si sfrecciava veloci tra la folla, quasi altolocati dal possesso di tal sublime mezzo, sorridendo ai miseri passanti appiedati e alle vetture imbottigliate nel traffico.
Sembrava il viaggio perfetto, fino a che non si pose nel tragitto un cantiere, costringendo a pedalare a rilento con inserita la marcia dura. Come se non bastasse il passagio tra le reti di protezione era stretto, e più volte si ferì per passare. Un ferro sporgente infilzò lievemente il costato, e qualche goccia di sangue sporcò la camicia.
Superato l'ostacolo riprese il viaggio, un po' provato, percependo che sebbene la strada fosse ancora poca sarebbe stata la peggiore. Ormai le gambe non reggevano più, e gli ultimo miglio dovette farlo a piedi portando la bicicletta a mano.
Giunse alla sua destinazione, un magnifico cimitero monumentale di fattura gotica, passò il cancello di ferro battuto e camminò fra le lapidi, finchè non vide il proprio nome su una stele di marmo bianco. Si sedette sull'erba, tirò un respiro di sollievo, e si accasciò sorridente sul morbido letto verde, addormentandosi in un sonno eterno.
La tomba recava la scritta "E' tornato il pescatore dal mare, il cacciatore dalle colline" E.Hemingway
mercoledì 13 ottobre 2010
Disinformazione da ego
Vi sono numerosi dipi di disinformazione, noi italiani lo sappiamo bene guardando regolarmente i media, ma vi è un'altra disinformazione, più subdola e con scopi più abietti.
Poniamo che una persona su venti sia considerata competente in un ambito, e di conseguenza le altre 19 non essendo competenti ricevendo informazioni dall'Uno non potranno che acquisirle come esatte.
Questi 19, per contro, pensando di ricevere informazioni esatte, le divulgano ad almeno altrettanti come loro e via dicendo fino all'esaurimento dei rapporti umani, un vero e proprio network di errore.
Ma se per caso la considerazione di competenza non corrisponde alla realtà dei fatti? Se l'informazione è errata? O peggio, se il primo informatore divulga informazioni a catena per apparire come lo si considera senza però averne la competenza?
Naturalmente è entropia crescente, confuso cozzare di teste.
Occorrerà la fortuna di incontrare nei 19^n un altro competente che dovrà necessariamente tentare di ristabilire l'ordine, peraltro con serie difficoltà data la permanenza della precedente informazione.
Nel moderno mondo dell'informazione, quale posto trova il disinformatore da ego se non il lindalatrine?
Poniamo che una persona su venti sia considerata competente in un ambito, e di conseguenza le altre 19 non essendo competenti ricevendo informazioni dall'Uno non potranno che acquisirle come esatte.
Questi 19, per contro, pensando di ricevere informazioni esatte, le divulgano ad almeno altrettanti come loro e via dicendo fino all'esaurimento dei rapporti umani, un vero e proprio network di errore.
Ma se per caso la considerazione di competenza non corrisponde alla realtà dei fatti? Se l'informazione è errata? O peggio, se il primo informatore divulga informazioni a catena per apparire come lo si considera senza però averne la competenza?
Naturalmente è entropia crescente, confuso cozzare di teste.
Occorrerà la fortuna di incontrare nei 19^n un altro competente che dovrà necessariamente tentare di ristabilire l'ordine, peraltro con serie difficoltà data la permanenza della precedente informazione.
Nel moderno mondo dell'informazione, quale posto trova il disinformatore da ego se non il lindalatrine?
sabato 9 ottobre 2010
Viaggio 1 nella X dimensione
Sveglia dormiente, poggiamo i piedi sul tappeto del soffitto. Orologio h 76:54. Appena in tempo. Un attimo di nuoto extralavandino e siamo all'armadio dalle ante Lamborghini, sollevate da un soffio di pistoni. Arcobaleno pentacromatico al suo interno, direzione serale a pantaloni da carcerato a sigaretta viola/nero, camicia bicolor in coordinato, cravatta fluo verde, anfibi luminosi, capelli borchiati e giacca SS.
Un picosecondo e la musica ci assorda, bassi alti penetrano e ritornano al mittente, laser e flash epilettici mentre il branco si agita a scatti, freme a intervalli di luce, acidi prolunganti e iperpupille.
Entriamo nell'inferno scomponendo la fila, chimica di tessuti, contatto intraspecie.
Scendiamo di schiena la scala a salire, e godiamo della pioggia di luce dai nostri piedi, immobili nel mare.
Elettrica contrazione, terminiamo il cuore dell'inutilità, e approfittiamo dei resti eretti.
Liquido auricolare, e il suono è ovattato, poi nullo.
venerdì 8 ottobre 2010
Gocce dalla bara d'acqua
Porcellana umida, opaca, condensa. Caldo pluviale. Bara di ceramica ocra.
Annullo lo scrociare, silenzio freddo, nudo. Allungo il primo arto inferiore verso lo specchio schiumoso, e lentamente lo immergo fino al polpaccio. Aghi roventi, e un fremito al dorso.
Arto inferiore due anch'esso inserito, navigo dentro fumigi alla pesca.
Lentamente si scende, posizione Za, immobile, per sentire le cosce tendersi e le rotule scrocchiare ovattate dal liquido.
Non soffro nel basso ventre di caldo, un po' mi spiace.
Lento gioco di membra e sono sdraiato, il rovente letto mi inghiotte lasciando libera la faccia.
Un respiro profondo, come far entrar acqua dal costato, un altro, un altro, un altro...iperventilazione.
E poi contrazione vertebrale, e giù.
Bruciano le pupille, e le coane necessitano di ossigeno, forse anche il cervello...ancora un po'...
Buon conduttore, pizzica solamente, mutando scarlatte visioni.
Qualche millimetro solo. Risorgo dal rosso, bianco Nettuno, dotti vuoti in bara d'acqua.
Annullo lo scrociare, silenzio freddo, nudo. Allungo il primo arto inferiore verso lo specchio schiumoso, e lentamente lo immergo fino al polpaccio. Aghi roventi, e un fremito al dorso.
Arto inferiore due anch'esso inserito, navigo dentro fumigi alla pesca.
Lentamente si scende, posizione Za, immobile, per sentire le cosce tendersi e le rotule scrocchiare ovattate dal liquido.
Non soffro nel basso ventre di caldo, un po' mi spiace.
Lento gioco di membra e sono sdraiato, il rovente letto mi inghiotte lasciando libera la faccia.
Un respiro profondo, come far entrar acqua dal costato, un altro, un altro, un altro...iperventilazione.
E poi contrazione vertebrale, e giù.
Bruciano le pupille, e le coane necessitano di ossigeno, forse anche il cervello...ancora un po'...
Buon conduttore, pizzica solamente, mutando scarlatte visioni.
Qualche millimetro solo. Risorgo dal rosso, bianco Nettuno, dotti vuoti in bara d'acqua.
giovedì 7 ottobre 2010
Alfa e Omega. Cenere.
Era un bel bambino i primi mesi, occhi celesti, guanciotte paffute, pelle chiara e liscia, nessun difetto se non queli che hanno i bambini. I suoi genitori l'amavano così tanto da tenerlo sempre in braccio per stringerlo, e non lasciarlo mai solo. Parlava poco, anzi mai come bambino, era sempre molto silenzioso, non urlava, non piangeva, non si lamentava, e i genitori erano così felici di quel bambino già così buono, che l'amavano ancora di più.
Furono i tre anni, ma il bambino ancora non parlava, non emetteva verso alcuno, anche se sembrava volersi esprimere, così i genitori lo portarono dall'otorinolaringoiatra, che effettuati esami diagnosticò una malformazione alle corde vocali, che rendevano impossibile l'uso di una qualsiasi vocalità se non gemiti rochi e urla sconnesse. Il bambino era sano, in forze, ma non avrebbe mai potuto esprimersi con le parole.
Furono anni crudeli quelli dell'infanzia, come crudeli possono essere i bambini che spesso schernivano Omega, così ormai chiamato da se stesso, per quel difetto.
Furono anni di solitudine quelli dell'adolescenza, ormai impossibilitato ad avere normali contatti umani, iniziò a parlar con sè atteaverso il silenzio riempito di libri e letture, parole chiare e definite. Cominciò a imparare il linguaggio dei segni, e cominciò di nuovo a vivere nel mondo.
A 17 anni, Omega era un ragazzo quasi normale, e con il suo minuto gruppetto di amici organizzò una per lui grande festa di compleanno ove ognuno avrebbe portato tutti i suoi conoscenti.
Aveva fatto tutto in una vecchia casa presa in affitto per una miseria, e tutto sembrava perfetto. La musica, i festoni, gli alcolici, il cibo, la compagnia. Conobbe tanta gente quella sera, ognuna tanto gentile, sebbene con un sottile sguardo di compassione nei suoi confronti.
Ormai a fine serata, notò su una poltrona di raso rosso una ragazza bellissima che pareva non divertirsi, anzi stava dormendo sebbene in maniera piuttosto composta. Con la mente alterata da un bicchiere di troppo, egli si avvicinò e decise di svegliarla con un bacio, dolce, e carezzandola sul viso. Insolitamente lei rispose subito all'effusione, come se non stesse dormendo, e le labbra si incrociarono in ciò che Omega avrebbe ricordato come il momento più bello della sua vita. Si spostarono dalla festa nella veranda ancor tiepida dalla giornata di sole, e come sol stupendi inesperti dell'amore possono, intrecciarono i loro corpi in un amplesso immaturo.
Si accorse Omega che Alfa, così avrebbe chiamato la prima sua donna, serrava ancora gli occhi, restia a mostrarli. Omega passò le dita sulle palpebre, ed ella acconsentì al suo desiderio di vederli. Erano bianchi, completamente, con poco più di un alone a disegnare l'iride anch'essa cerulea.
E rimase così, in prematura contemplazione del suo più grande orrore, impossibilitato a descrivere il mondo che conosceva alla sua amata, così trasfigurato da non poterne più sentir la voce.
Come se si fosse trasformato in cenere.
mercoledì 6 ottobre 2010
Pensieri in breve
-Matematica mi assorbe troppo, indi scrivo poco.
-Sti pezzenti del treno vadano a chiedere umanità a chi ne ha.
-Perchè temere la morte? Quando siam vivi non siamo morti, e quando siamo morti la morte non ci interessa più.
-Mio malgrado ho sempre peccato di mancata ubiquità.
-Metafora è, ma manca il calor dell'Estate.
-La correttezza rende superiori ma non dà da mangiare.
-Sti pezzenti del treno vadano a chiedere umanità a chi ne ha.
-Perchè temere la morte? Quando siam vivi non siamo morti, e quando siamo morti la morte non ci interessa più.
-Mio malgrado ho sempre peccato di mancata ubiquità.
-Metafora è, ma manca il calor dell'Estate.
-La correttezza rende superiori ma non dà da mangiare.
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