Ho sempre trovato poetica la parola inglese che sta per "autunno": FALL.
Autunno, o Caduta, la mia stagione d'altronde.
E' incredibile come la mia esistenza, vittima di una sorta di ancestrale maledizione che si ripresenta a cicli regolari, sia alternata da estati possenti, vibranti, di pura passione, che poi inevitabilmente col giungere dell'autunno si spengono e riportano alla misera realtà la mia indole già parzialmente illusa.
A volte mi chiedo se questa sorta di utopia che sto costruendo intorno a me, fatta di artefatti mentali appositamente modellati per prendersi gioco di quello che all'atto pratico è solo un susseguirsi di penosi fallimenti, non stia a sua volta creando una nuova spirale di discesa nell'abisso fatta di sorrisi forzati e lacrime nascoste.
Domarsi a volte non è facile, nonostante l'allenamento, e tutto diventa un gioco di invidie e interrogativi quando nel mondo ciò che non dovrebbe essere è e viceversa, quando i mille sforzi fatti per giungere a quello che sono vengono sminuiti da un mondo che riesce a trionfare con malvagia solerzia e disdicevoli atti. Impossibile farsene una ragione, quando si è coinvolti, impensabile non odiare.
E ancora è più patetica l'impotenza di fronte all'ineluttabile, l'immobilità di un'attesa verso qualcosa che mai arriverà, così disposti a ricevere la luce del Sole che ci si accontenta del pallido riflesso della Luna mentre l'ambizione grida in un silenzioso stillicidio di atrore e malessere.
Sto appassendo, come una foglia al giungere dell'autunno.
E cado.
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