lunedì 21 febbraio 2011
Colui che nacque dai flutti
Lui non era di questa terra. La neve non lo riguardava, come nemmeno la terra ghiacciata. Il profumo dei pini in primavera e dei muschi estivi non rientrava nel suo mondo, e lui sembrava non assaporarne il piacere. Nemmeno le tavole imbandite di succulenti cinghiali e idromele lo attraevano, a lui bastava sedere vicino a una finestra che dava sul mare con un barile di birra scura al proprio fianco, e rimaneva lì a bere contemplando lo scuro oceano finchè i sensi non lo abbandonavano lasciandolo addormentato in maniera composta su una sedia.
Era arrivato dal mare su una piccola barca quand'era in fasce, e il suo unico possedimento era una spada che giaceva nella scialuppa. Per questo lo chiamavano Ghrond, figlio di Aegir.
Le sue fatture ricalcavano la leggenda che portava il suo nome, era incredibilmente alto anche per la sua gente, e possente come un toro.
Aveva capelli biondi lunghi raccolti in una treccia, e una barba ben curata abbastanza corta. Ma erano gli occhi che colpivano, avevano un colore verde-azzurro che ricordava il mare al crepuscolo, e guardavano sempre verso l'oceano, anche inconsciamente.
Era poco interessato alla vita del villaggio, e appena vedeva il mare ingrossarsi raccoglieva la sua vecchia barchetta e salpava, per tornare quando la tempesta si calmava, intatto e con un considerevole quantitativo di pesce, pescato con un semplice arpione.
Venne il giorno in cui la guerra incombette sul suo villaggio, all'improvviso, grandi drakkar giunsero da coste vicine e fu battaglia, breve ma intensa, finchè gli aggressori furono ricacciati in mare, ma nel frattempo le barche del villaggio erano state incendiate, e poco più che carbone restava a far posto al legno.
Gli occhi di Ghrond si ingrandirono a tale visione, ma non diede segno evidente di sentimenti, non era nella sua natura, finchè il cielo non tuonò e fu nuovamente tempesta nell'oceano. Tutti si affrettarono a rientrare in casa, mentre Ghrond ricevette la pioggia per la prima volta sulla terraferma, e qualcosa di ancestrale scattò nella sua mente aliena alla comprensione che non avrebbe potuto andare in mare.
Lo trovarono la mattina poco distante dal villaggio, già stava lavorando con un tronco di pino abbattuto, dimostrando notevoli abilità di carpenteria. Lavorò per una settimana intera, da solo, fino a che non costruì un piccolo drakkar abbastanza grande da contenere una decina di persone, lo trascinò lentamente fino alla riva e vi salì sopra, aspettando la marea. Presto fu in mare, ma non prese la direzione solita, piuttosto seguì la costa nella stessa direzione degli aggressori dei giorni antecedenti, giungendo a vedere le loro insegne in un paio di albe. Senza esitazione diresse la chiglia verso la terraferma, incurante degli allarmi dei guerrieri.
Il suo sguardo non guardava più il mare alle sue spalle, non erano più quegli occhi verdi calmi e silenti, erano occhi socchiusi in un'ira mai provata, iniettati di sangue e lacrimanti allo stesso tempo.
Frecce partirono dagli arceri sulla terraferma, e una si conficcò nel torace di Ghrond, facendo breccia nel suo addome scolpito e provocando un rivolo di sangue sottile ma costante. Egli parve non accorgersene, in una sorta di furia estatica, estrasse per la prima volta la sua spada dal fodero, lasciando che il sole dell'alba la rendesse luminosa, e con una rapidità innaturale si lanciò giù dalla nave prima di toccare la terraferma, così da essere ancora immerso fino alla vita nell'acqua gelida.
Gli arceri approfittarono di tale mancanza di tattica, scagliando una seconda salva di frecce di cui due colpirono Ghrond alle spalle, ma furono anch'esse ignorate dal furibondo gigante. Esgli scattò in avanti fuoriuscendo dalle acque come parte stessa di un'onda, e con un fendente deciso tranciò le braccia di tre arceri, costringendo gli altri alla fuga.
Giunsero guerrieri con spade e asce, attaccandolo da ogni fronte, ma a lui non importava più del suo corpo, che seppur grande e forte ricevette numerose ferite, alcune mortali. Egli sapeva solo che doveva roteare la spada con tutta la forza che aveva, finchè solo il silenzio l'avesse circondato.
Un grande guerriero dai capelli rossi colpì dall'alto in basso con un'ascia la clavicola di Ghrond, rompendola e penetrando nelle carni, per poi esser decapitato un istante dopo.
Un magro biondino infilò la sua picca nel costato del gigante, lasciando come conseguenza un fianco scoperto ove la spada di Ghrond passò senza problemi provocando immediata morte.
Una mazza agitata da un vecchio lo colpì poco sopra il polso, e le sue ossa fecero un suono secco quando si spezzarono, ma la mano non lasciava la spada, e non un fiato usciva dal corpo martoriato di Ghrond.
Fu silenzio nell'accampamento. Il corpo di Ghrond era coperto del suo sangue e di quello dei nemici, e di numerose ferite. Le ossa della clavicola, del braccio e delle costole erano ormai in evidenza, scomposte fuori dalle loro sedi, cinque frecce erano conficcate nelle spalle e nella schiena del gigante, e l'addome a stento tratteneva le viscere.
Ghrond si trascinò sulla barca, non ormeggiata, e con le sue ultime forze la diresse in mare aperto, aprendo un barile di birra scura, e rendendo onore a quello che probabilmente era davvero suo padre, mentre i flutti lo trascinavano verso l'oblio.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento