sabato 26 febbraio 2011

18 anni II, il post-conventional



In edizioni precedenti è stato discusso del pre e delle sue fibrillazioni, andiamo ad analizzare il post.
Per conteggio arabo intersecato con l'aspettativa di vita media, ci son decisamente anni dopo i 18 :), parliamo in particolare del range 19-25.
Questo intervallo chiuso, fase vincolante della rifinitura dell'individuo, possiede la splendida facoltà di spingerti sul trampolino dell'età adulta trattenendoti comunque con una cordicella di protezione infantile.
C'è chi si lancia ad occhi chiusi, chi viene spinto con la corda tranciata, e chi rimane aggrappato con tutte le sue forze a quel sottile nastro.
E dire che non capitava in passato, è una cosa tipica degli anni 90, sebbene qualcuno sfori di qualche annetto: puntualmente il 1990 e gli anni che ne son seguiti han creato una generazione di creature che vivono sotto un'egida di infanticrazia correlata a una presunzione di maggiore età spaventosa. Niente patente, niente responsabilità, niente impegni, niente di niente, insomma un limbo di assoluto nulla in cui si barcamenano alla ricerca del minuto piacere momentaneo senza capire di far parte di un sistema per cui sono una variabile 0, quindi nella completa inutilità, se non quando si sfocia nel danno vero e proprio verso gli altri.
Ma com'è possibile che un anno preciso abbia dato certi pessimi frutti? Non ne ho la più pallida idea miei cari, ma empiricamente il teorema è semplicemente verificabile, in quanto con eccezioni del 5% le persone da me conosciute sono interamente così, sebbene io speri che sia solo una mia esperienza, o un'esperienza circoscritta a un'area.
Non mi andrò certo a impergolare con boiate psicologiche, sapete bene cosa ne penso, sta di fatto che l'impronta dell'Italia si è trasferita in queste persone, lo stereotipo italico è tuttuno con il loro carattere, lasciandoci con vetuste cariatidi alle spalle e gioventù ignobile di fronte.
Ci sarà mai una nuova guerra mondiale che spazzi via l'Italia dalle cartine?

lunedì 21 febbraio 2011

Colui che nacque dai flutti



Lui non era di questa terra. La neve non lo riguardava, come nemmeno la terra ghiacciata. Il profumo dei pini in primavera e dei muschi estivi non rientrava nel suo mondo, e lui sembrava non assaporarne il piacere. Nemmeno le tavole imbandite di succulenti cinghiali e idromele lo attraevano, a lui bastava sedere vicino a una finestra che dava sul mare con un barile di birra scura al proprio fianco, e rimaneva lì a bere contemplando lo scuro oceano finchè i sensi non lo abbandonavano lasciandolo addormentato in maniera composta su una sedia.
Era arrivato dal mare su una piccola barca quand'era in fasce, e il suo unico possedimento era una spada che giaceva nella scialuppa. Per questo lo chiamavano Ghrond, figlio di Aegir.
Le sue fatture ricalcavano la leggenda che portava il suo nome, era incredibilmente alto anche per la sua gente, e possente come un toro.
Aveva capelli biondi lunghi raccolti in una treccia, e una barba ben curata abbastanza corta. Ma erano gli occhi che colpivano, avevano un colore verde-azzurro che ricordava il mare al crepuscolo, e guardavano sempre verso l'oceano, anche inconsciamente.
Era poco interessato alla vita del villaggio, e appena vedeva il mare ingrossarsi raccoglieva la sua vecchia barchetta e salpava, per tornare quando la tempesta si calmava, intatto e con un considerevole quantitativo di pesce, pescato con un semplice arpione.
Venne il giorno in cui la guerra incombette sul suo villaggio, all'improvviso, grandi drakkar giunsero da coste vicine e fu battaglia, breve ma intensa, finchè gli aggressori furono ricacciati in mare, ma nel frattempo le barche del villaggio erano state incendiate, e poco più che carbone restava a far posto al legno.
Gli occhi di Ghrond si ingrandirono a tale visione, ma non diede segno evidente di sentimenti, non era nella sua natura, finchè il cielo non tuonò e fu nuovamente tempesta nell'oceano. Tutti si affrettarono a rientrare in casa, mentre Ghrond ricevette la pioggia per la prima volta sulla terraferma, e qualcosa di ancestrale scattò nella sua mente aliena alla comprensione che non avrebbe potuto andare in mare.
Lo trovarono la mattina poco distante dal villaggio, già stava lavorando con un tronco di pino abbattuto, dimostrando notevoli abilità di carpenteria. Lavorò per una settimana intera, da solo, fino a che non costruì un piccolo drakkar abbastanza grande da contenere una decina di persone, lo trascinò lentamente fino alla riva e vi salì sopra, aspettando la marea. Presto fu in mare, ma non prese la direzione solita, piuttosto seguì la costa nella stessa direzione degli aggressori dei giorni antecedenti, giungendo a vedere le loro insegne in un paio di albe. Senza esitazione diresse la chiglia verso la terraferma, incurante degli allarmi dei guerrieri.
Il suo sguardo non guardava più il mare alle sue spalle, non erano più quegli occhi verdi calmi e silenti, erano occhi socchiusi in un'ira mai provata, iniettati di sangue e lacrimanti allo stesso tempo.
Frecce partirono dagli arceri sulla terraferma, e una si conficcò nel torace di Ghrond, facendo breccia nel suo addome scolpito e provocando un rivolo di sangue sottile ma costante. Egli parve non accorgersene, in una sorta di furia estatica, estrasse per la prima volta la sua spada dal fodero, lasciando che il sole dell'alba la rendesse luminosa, e con una rapidità innaturale si lanciò giù dalla nave prima di toccare la terraferma, così da essere ancora immerso fino alla vita nell'acqua gelida.
Gli arceri approfittarono di tale mancanza di tattica, scagliando una seconda salva di frecce di cui due colpirono Ghrond alle spalle, ma furono anch'esse ignorate dal furibondo gigante. Esgli scattò in avanti fuoriuscendo dalle acque come parte stessa di un'onda, e con un fendente deciso tranciò le braccia di tre arceri, costringendo gli altri alla fuga.
Giunsero guerrieri con spade e asce, attaccandolo da ogni fronte, ma a lui non importava più del suo corpo, che seppur grande e forte ricevette numerose ferite, alcune mortali. Egli sapeva solo che doveva roteare la spada con tutta la forza che aveva, finchè solo il silenzio l'avesse circondato.
Un grande guerriero dai capelli rossi colpì dall'alto in basso con un'ascia la clavicola di Ghrond, rompendola e penetrando nelle carni, per poi esser decapitato un istante dopo.
Un magro biondino infilò la sua picca nel costato del gigante, lasciando come conseguenza un fianco scoperto ove la spada di Ghrond passò senza problemi provocando immediata morte.
Una mazza agitata da un vecchio lo colpì poco sopra il polso, e le sue ossa fecero un suono secco quando si spezzarono, ma la mano non lasciava la spada, e non un fiato usciva dal corpo martoriato di Ghrond.
Fu silenzio nell'accampamento. Il corpo di Ghrond era coperto del suo sangue e di quello dei nemici, e di numerose ferite. Le ossa della clavicola, del braccio e delle costole erano ormai in evidenza, scomposte fuori dalle loro sedi, cinque frecce erano conficcate nelle spalle e nella schiena del gigante, e l'addome a stento tratteneva le viscere.
Ghrond si trascinò sulla barca, non ormeggiata, e con le sue ultime forze la diresse in mare aperto, aprendo un barile di birra scura, e rendendo onore a quello che probabilmente era davvero suo padre, mentre i flutti lo trascinavano verso l'oblio.

martedì 8 febbraio 2011

Apologia di reato

Quanto fiato sprechiamo ogni giorno vedendo il telegiornale, quante parole lasciate al vento facciamo commentando disgustati lo schifo che questa classe politica sta portando all'Italia.
Ma cosa siamo disposti a fare per rimediare?
Siamo italiani, quindi la feccia dell'universo, così abituati ad essere vessati che accettiamo qualsiasi sopruso, facendo poi gli intellettuali criticando il ventennio o qualsiasi altro governo "non democratico".
Può piacere o non piacere la democrazia, a me non piace, perchè a questo letame ci ha portato, ma forse è solo tutto l'insieme che è sbagliato. Il fulcro di tutto l'errore che vige con costanza nella mentalità dell'italianetto è "Non è un problema mio", così turpe ed egoista da attirare acqua al suo mulino lasciando morire gli altri, sapendo guardare solo all'immediato, e non capendo come uno stupido animale che in un organico come il nostro se una parte muore le altre le sono direttamente conseguenti.
Questa democrazia non è sinonimo di libertà, poichè è l'annullamento delle minoranze che tengono in piedi un Paese di imbecilli.
Certo, se si parla di democrazia si esagera ancora, poichè il popolo non sta governando questo Paese, ma sta dando voti (ponendo certo che esista il sistema elettorale) a della gente senza alcun ritegno, che ben sa di essere al di sopra non solo della legge, ma di qualsiasi regola morale e di fiducia rispetto all'elettorato, permettendosi non solo di inculare a sangue delle minorenni (eh si, il bunga bunga è questo), ma di cambiare partito politico nonostante la fiducia ricevuta, evitare perfino di considerare il giorno dell'Unità d'Italia "perchè siamo in crisi".
Enunciava Tocqueville, arcinoto filosofo politico e storico dell'Ottocento: .
Eccoci qua, uno specchio tricolore macchiato dal letame che siamo.
Che accade quando un'oligarchia vessa il cittadino? Quando le sue libertà fondamentali sono lese? Quando il suo futuro è disintegrato?
A casa mia si combatte, con manifestazioni diffuse e unite (non come gli studenti di Torino, un terzo di manifestanti su tutto il popolo studentesco, feccia schifosa).
E se il governo ti ignora? Oh beh, in tal caso non potrei che essere d'accordo e partecipe con i metodi più abietti e terrificanti esistenti di rivolta.
IN BRAIN WE TRUST

venerdì 4 febbraio 2011

Paciocco



Ogni tanto ci scrivo qui, non perchè io abbia voglia di scrivere ma per far vedere che ancora ci sono. La matematica sta assorbendo tutte le mie energie, e il resto non è che sia così ispirante.
La musica... insomma perdio ho così tante idee in testa, così tante melodie, ed eccomi ingabbiato nella band dei "non andiamo a tempo manco coi quarti" ceh nella giornata odierna riceverà uno smacco mica da ridere. Non ho le forze per protrarre a lungo una delusione.
Le endorfine... insomma quando ormai le si è sostituite da tempo con la bile, una pugnalata in più o in meno non fa quella differenza vero? BEH, A ME LA FA!
Pathetic humans!